Fotografia e rumore

Il rumore nella foto digitale è una delle caratteristiche più importanti per determinare la qualità di un’immagine. I fattori che lo determinano sono vari, ma essenzialmente dipendono dalle caratteristiche tecnologiche del sensore e dalle sue dimensioni, dalla luminosità dell’obiettivo e dalla conversione o traduzione dell’immagine da raw in jpeg o tiff. Nell’articolo l’autore, schinellato,  esamina in dettaglio questi fattori e come influenzano la qualità delle foto.

Introduzione

 Il rumore nella fotografia determina la qualità del dettaglio di un’immagine (a differenza della composizione, che determina la qualità dell’insieme) ed è influenzato da diversi fattori:

  • caratteristiche del sensore (dimensioni, tecnologia, range dinamico, profondità di colore)
  • luminosità dell’ottica
  • traduzione dell’immagine per renderla più simile alla percezione dell’occhio umano (bilanciamento del bianco, correzione dell’esposizione, curve di esposizione, saturazione dei colori)

E’ esperienza comune che, aumentando l’ISO (la sensibilità del sensore alla luce) aumenta il rumore. Tuttavia questo non è l’unico fattore in gioco, e il rumore generato da una macchina reflex è inferiore a quello generato da una compatta. Per la spiegazione utilizzerò molto frequentemente il concetto di “stop” come misura della luce, quindi è opportuno averne ben chiaro il significato: +1 stop equivale ad un raddoppio della quantità di luce, -1 stop equivale ad un dimezzamento della quantità di luce. Una scena caratterizzata da una luce tenue può misurare, dalla zona più buia a quella più luminosa, un intervallo di 7 o 8 stop, cioè considerando 1 (1=2^0) la quantità di luce minima, quella massima sarà circa 128 volte più forte (128=2^7) o 256 volte più forte (256=2^8). Una scena caratterizzata da forti contrasti tra luce ed ombra, come accade a mezzogiorno d’estate, può misurare un intervallo di 20 stop e oltre con la luce massima oltre un milione di volte più potente di quella minima (1048576=2^20). Il limite principale del sensore è quello di poter catturare soltanto una differenza limitata tra la luce massima e minima (generalmente da 8 a 12 stop), cosicché oltre questa “finestra” occorre impostare i tempi di esposizione, l’apertura del diaframma, la sensibilità del sensore per cercare di catturare la maggior parte della scena visibile all’occhio umano: 

  • ad un raddoppio della sensibilità ISO corrisponde un aumento di +1 stop di sensibilità e di presenza di rumore, cosicchè da ISO 100 a ISO 400, per esempio, c’è una differenza di 2 stop (4=2^2)
  • ad una moltiplicazione di apertura del diaframma di 1,4142 corrisponde un dimezzamento della luce in ingresso e quindi una diminuzione di -1 stop, cosicchè da f1.8 a f7.2, per esempio, c’è una differenza di 4 stop
  • ad un raddoppio del tempo di esposizione corrisponde un raddoppio della luce in ingresso e quindi un aumento di +1 stop, cosicchè passando da un’esposizione di 1/128” a 1/16” c’è una differenza di 3 stop

 Ma questo lavoro è svolto egregiamente dagli automatismi della macchina, con rare esigenze di intervento manuale: è importante comprenderne grossomodo il funzionamento per comprendere la spiegazione seguente. Tralascerò alcuni concetti importanti per la fotografia, come l’uso dei flash e i problemi della fotografia sportiva, perché vorrei affrontare il tema in modo generico mentre questi argomenti richiederebbero una spiegazione molto più approfondita e specialistica. Tralascerò anche alcune differenze tra macchine fotografiche legate alla profondità di campo e ad applicazioni specialistiche, come le ottiche basculanti e decentrabili, o le tecniche di post-produzione più avanzate. Talascerò infine la demosaicizzazione, che produce effetti limitati sul rumore, e che riguarda quasi tutti i sensori per macchine fotografiche (esclusi i Foveon, che tuttavia presentano al momento altre limitazioni).

Le caratteristiche del sensore

Le caratteristiche del sensore sono forse il fattore più importante per determinare il rumore. Le dimensioni, soprattutto, giocano un ruolo fondamentale perché il rapporto segnale/rumore è strettamente legato alla quantità di luce raccolta dal sensore, quindi alla sua superficie: si può affermare con una certa approssimazione che un sensore di superficie doppia, raccogliendo nello stesso tempo una quantità di luce doppia, genera la metà del rumore rispetto al sensore di superficie inferiore. Il sensore di una reflex APSC di dimensioni 23x16mm e superficie di 370mm raccoglie 15 volte la luce del sensore di una compata in formato 1/2.5” che ha una superficie di 25mm, e genera un rumore pari a circa -4 stop a pari sensibilità: grossomodo il rumore generato da una compatta a iso 100 corrisponde a quello generato da una reflex a iso 1600, quello a iso 400 corrisponde a iso 6400 della reflex, e così via.

 La tecnologia dei sensori si è evoluta con il tempo in modo da sfruttare la maggior quantità di superficie come superficie sensibile, ma la regola è sufficientemente valida per sensori di pari tecnologia, o della stessa generazione. Inoltre la tecnologia influisce sulla capacità del sensore di catturare un intervallo di luce più ampio: per esempio la Fujifilm ha prodotto in passato dei sensori per reflex “SuperCCD” dotati di pixel più piccoli capaci di catturare le luci più alte alternati a pixel più grandi capaci di catturare le ombre, estendendo il range dinamico. Le dimensioni del sensore hanno un’influenza limitata sul “range dinamico”, tanto che il modello di punta Canon, la EOS 1D Mark IV, presenta un range dinamico di “soli” 2 stop superiore a quello di una compatta come la Panasonic FZ28, e inferiore a macchine con sensore più piccolo. Esiste comunque un trucco chiamato HDR (High Dynamic Range) che consiste nel prendere diverse foto della stessa scena con esposizioni differenti e combinarle insieme successivamente. E’ bene notare anche che, all’aumentare della sensibilità ISO, solitamente diminuisce il range dinamico che il sensore riesce a catturare.

 Un parametro che invece è molto sensibile alla variazione di dimensione del sensore è la profondità del colore: sembra andare di pari passo con la superficie, cosicché un raddoppio di superficie corrisponde ad un raddoppio della profondità del colore, e il legame con la tecnologia è molto meno evidente.

E’ molto chiaro come le dimensioni del sensore influiscono sul rumore, ma nell’ultima sezione mostrerò come anche il range dinamico e la profondità del colore giocano un ruolo importante.

La luminosità dell’ottica

Un’ottica molto luminosa permette, a parità di tempi di esposizione, di mantenere una sensibilità ISO inferiore per ritrarre la stessa scena: per esempio ci sono compatte “evolute” la cui ottica ha un’apertura massima di F2.0 o addirittura F1.8. Paragonata all’ottica venduta normalmente con una reflex base, che ha un’apertura massima di F3.6, c’è un guadagno di quasi 2 stop nella luce catturata che permetterà, per esempio, di utilizzare con le prime macchine un iso 100 quando con le ultime occorrerà impostare un iso 400 per ottenere gli stessi tempi di esposizione. Questa considerazione ha senso se occorre mantenere un budget limitato: diversamente, le reflex possono montare ottiche con aperture maggiori ma dai costi molto superiori (è molto costoso realizzare un’ottica luminosa, magari zoom e con dimensioni abbastanza contenute per un sensore grande). Una buona alternativa per le reflex sono le ottiche a focale fissa, per esempio 50mm f2.0 o f1.4 che mantengono prezzi accessibili e dimensioni contenute. Le ottiche zoom e tele con aperture ampie raggiungono costi proibitivi (oltre i 1000 euro). La scelta sarà quindi determinata il più delle volte da un compromesso economico.

 Traduzione dell’immagine o post-produzione

 Ho preferito utilizzare il termine “traduzione” dell’immagine perché i processi di post-produzione che descriverò di seguito sono utilizzati allo stesso modo all’interno della macchina per generare l’immagine Jpeg, e influenzano il rumore allo stesso modo.

 L’occhio umano, diversamente dal sensore, opera delle elaborazioni sulle immagini: bilancia il bianco, cosicché la luce dominante di una scena tende ad apparire bianca; riduce o amplifica il contrasto di una scena; satura o desatura i colori a seconda del contesto. Senza scendere in dettagli che interessano la psicologia evoluzionistica e riguardano la sopravvivenza dell’individuo e della specie, in questo contesto ci interessa sapere che anche la macchina fotografica applica simili correzioni per rendere l’immagine simile a quella percepita dall’occhio umano: questo avviene anche nella traduzione in formato Jpeg, oppure nella post-produzione delle immagini in formato Raw sul computer.

 Devo tornare brevemente a descrivere il modo in cui il sensore cattura la luce per chiarire i concetti successivi: ho già menzionato come la diversa dimensione e la diversa tecnologia dei sensori determinano il range dinamico e la gamma tonale che il sensore riesce a catturare. Esiste un altro fattore che è invece comune a tutti i sensori delle macchine fotografiche digitali: il grafico che rappresenta il modo in cui il sensore mappa i toni di luce in valori numerici non è una retta, ma una curva molto simile ad una retta per i toni di luce medi e alti, che si appiattisce verso le ombre. Ne risulta che il sensore tende a “sfondare” le luci (cioè non riesce a rappresentare le zone più luminose) mentre “comprime” le zone d’ombra, cioè le rappresenta con un livello di dettaglio inferiore.

 Nella “traduzione” dell’immagine viene corretto il bilanciamento del bianco agendo direttamente o indirettamente sulle curve che rappresentano i toni rossi, verdi o blu della scena: per esempio, se la luce dominante tende al rosso, si bilancerà aumentando i toni verdi e blu. Se la luce dominante tende al blu, occorrerà aumentare i toni verdi e rossi. Per rendere l’immagine più accattivante, si potrà aumentare il contrasto, cioè si espanderanno i toni, o diminuirlo comprimendo i toni. Se l’immagine è troppo buia si potrà correggere l’esposizione spostando i toni verso l’alto. Se è troppo luminosa, ciccia… Come ho detto: il sensore tende a “sfondare” le luci, cioè a perdere completamente le informazioni sulle luci troppo alte. A parte gli scherzi, ammesso di non avere sfondato le luci, sarà possibile ridurre l’esposizione spostando i toni verso il basso. In alcuni casi viene anche modificata selettivamente l’esposizione, per esempio alzando i toni delle zone d’ombra senza modificare le zone di luce. Si possono saturare i colori, oppure desaturarli, oppure è possibile applicare un filtro del colore per ottenere un effetto simile a quello di una determinata pellicola. Tutte queste operazioni di traduzione vengono applicate dalla macchina fotografica durante la generazione dei files Jpeg.

 Tutto questo lavoro di traduzione o post-produzione implica che vengono accentuate delle limitazioni del sensore come la compressione delle ombre, il range dinamico e la gamma tonale, per ottenere un’immagine più vicina a quella percepita dall’occhio umano. Viene amplificata una parte di informazioni caratterizzate da un dettaglio limitato, evidenziandolo.

 Conclusione

 Le tecnologie evolvono e la qualità della fotografia digitale ha superato in molti casi quella della fotografia analogica, con costi sensibilmente inferiori. I processi di creazione e di distribuzione del prodotto fotografico sono fortemente cambiati nell’ultimo decennio con l’avvento del digitale e di internet. La grande varietà di formati di sensori (rapportata alla standardizzazione caratteristica della pellicola), la rapida evoluzione tecnologica dei circuiti elettronici (rapportata alla relativamente lenta evoluzione dei materiali chimici delle pellicole) e la vasta segmentazione del mercato della fotografia digitale creano una grande confusione e impongono forti compromessi.

 Come ho detto nell’introduzione, il problema del rumore influisce su uno solo degli aspetti della fotografia, cioè la qualità dei dettagli dell’immagine e la possibilità di stamparla in gradi dimensioni: invece, entro certi limiti, non influisce sulla qualità dell’immagine nel suo complesso. Per esempio, la possibilità di evidenziare un dettaglio e di sfuocare lo sfondo è strettamente legata alle dimensioni del sensore ed ai rapporti delle distanze tra l’osservatore, il soggetto e lo sfondo: le macchine compatte con sensori di piccole dimensioni sono limitate in questo, e possono produrre un buono sfuocato soltanto in modo macro o sfruttando le focali più lunghe. Inoltre esistono altri fattori come l’ergonomia e l’abitudine: la fotografia è un’arte complessa che si realizza nel rapporto tra il fotografo, l’attrezzatura, e la scena o il soggetto. Infine esistono strumenti come l’illuminazione stroboscopica, i cavalletti, i filtri, gli specchi, gli ombrelli che possono completare l’attrezzatura del fotografo e in alcuni casi assumere un ruolo più importante della stessa macchina fotografica.

 Se il rumore generato dal sensore è un fattore fondamentale per la vostra scelta della macchina fotografica, raccomando la consultazione del sito http://www.dxomark.com , che confronta accuratamente le caratteristiche di diversi sensori e ottiche.

 Spero che questo articolo abbia aggiunto un piccolo tassello di conoscenza per utilizzare al meglio la macchina fotografica e per interpretare con maggiore consapevolezza le valutazioni delle riviste di fotografia.

0 commenti su “Fotografia e rumore”

  1. I tuoi articoli sono sempre interessanti e sono sempre un tassello nella conoscenza 🙂 Io che sto studiando, sto notando appunto che le miglieri foto a livello professionale vengono scattate sempre a iso 100… Interessante questo sito internet! ok è in inglese e manca la 550D ma lo studierò.

    1. Lucas forse non ho messo abbastanza in evidenza che l’autore di questo articolo non sono io ma schinellato.
      Ciao, Francesco

      1. Ottimo articolo, faccio i miei complimenti a Schinellato.

        Tutto molto chiaro e utile! aiuta a capire bene in modo semplice un sacco di cose x chi come me è alle prime armi!
        Continua così, ne vogliamo ancora!!!!
        Grazie

        ciao da Albert

  2. Certo costi elevati, ma non capisco… non è che le reflex sono poche, secondo le leggi di mercato più obiettivi si vendono e pià si abbassa il prezzo no? Invece hanno prezzi assurdi per chi li vorrebbe acquistare per foto amatoriali o semi professionali. Una persona con stipendio medio quanto può spendere… massimo 200 euro! qui si parla spesso di 400-700 euro!

    1. Ciao Lucas1,
      le “leggi” del mercato ipotizzano che il prezzo cresce al crescere della domanda. Invece l’economia di scala si basa sul principio che i costi fissi (ricerca e sviluppo, macchinari, etc) vengono ripartiti su un maggior numero di unità prodotte. I costi di produzione e i prezzi di mercato non sono necessariamente correlati, anche perché c’è la distribuzione di mezzo.

      Il mercato è estremamente frammentato e questo indubbiamente porta ad un arbitraggio dei produttori sui consumatori. Cioè, i produttori hanno molte più informazioni sul mercato rispetto ai consumatori, quindi possono “governare” le loro scelte. Si può dire che la competizione e il libero mercato portano anche vantaggi economici alle grandi aziende che sono in una posizione di monopolio o oligopolio.

      Probabilmente il prezzo delle reflex e degli obiettivi potrebbe scendere eliminando le inefficienze. Nel frattempo, oggi otteniamo di più da una reflex digitale di quello che si otteneva da una reflex analogica.

      I costruttori preferiscono seguire la strada dell’innovazione e del marketing, lasciando al mercato dell’usato il compito di fornire macchine economiche e di buona qualità, ma che non offrono le ultime novità.

      Il compito di questi articoli secondo me è duplice:

      – condividere informazioni tra i consumatori in modo che abbiamo uno strumento in più per navigare il mercato e scegliere consapevolmente

      – imparare a sfruttare al meglio quello che abbiamo, conoscendone meglio i limiti e i pregi, senza perdere una quantità sproporzionata di tempo e di soldi in tentativi

      Svolgendo le ricerche e scrivendo questo articolo, ho portato a casa le seguenti conclusioni:

      – le dimensioni del sensore giocano un ruolo fondamentale per ottenere la qualità del dettaglio, come ha riportato Francesco nel’articolo su sensori e rumore: http://francescophoto.wordpress.com/2009/11/06/sensori-pixel-e-rumore/

      – in alcuni casi le dimensioni entrano in gioco due volte, perché una ridotta profondità di colore, perdipiù in condizioni di luce non ottimali, esalta ulteriormente il rumore nei ritratti

      – nelle foto di viaggio e nei paesaggi, invece, una buona compatta può offrire risultati non distanti da una reflex

      Qualche giorno fa ho visto al cinema con mio figlio “Panico al villaggio”, un cartone animato in stop-motion realizzato con mezzi limitati. Personalmente darei un 10 a regia e sceneggiatura, con buona pace di Avatar che secondo me merita lo stesso voto utilizzando risorse incredibilmente maggiori. Ma questo non significa che Avatar sa uno spreco: sono film diversi, realizzati con budget diversi, tutti e due ottimi.

      1. Simone, condivido quello che hai scritto. Aggiungerei che spesso il prezzo non è determinato dai costi di produzione ma da quello che i clienti si aspettano di spendere per quell’oggetto. Esempio la Nikon D3x, la cui differenza di prezzo rispetto alla D3s, per il solo cambio di sensore da 12 a 24 Mpx, supera il prezzo dell’intera Sony A900 che monta lo stesso sensore da 24 Mpx. Ma da una professionale da 24 Mpx il pubblico si aspettava, almeno al momento della presentazione, quel prezzo.
        Comunque esistono esempi di oggetti di alta qualità venduti a prezzi ragionevoli. Per restare nel campo degli obiettivi ad esempio i Nikon 35/1,8 a 200 € e il 70-300 VR a poco più di 500.Non a caso li ho comprati.
        Il nostro compito è anche di individuare queste soluzioni e diffonderle.
        Ciao, Francesco

        1. Ciao Francesco , qualche settimana fa ho vinto un concorso fotografico usando una compatta del 2012. Vorrei passare ad una macchina con qualità di immagine migliore ma senza rinunciare alla comodità ed escursione focale della compatta. Meglio rimanere su una compatta con sensore da 1,2/3 o un sensore più grande tipo m4/3 o apsc è sempre preferibile. Anche I giurati mi hanno spiegato che le foto buone si fanno anche con una compatta . Non so cosa fare . Visto che si parla di sensori rumore e dettaglio qualita imnagine le super zoom tipo Nixon coolpix a 900 offrono una qualita migliore rispetto a compatte di qualche anno fa o meglio passare cmq a sensori più grandi ad esempio a m4/3 o apsc? Non voglio buttare soldi in un sistema costoso che poi non offre la stessa comodità e divertimento che ho adesso con la mia compatta

          1. Michele,
            come hai constatato di persona, ti ha detto la giuria del concorso e ti confermo io, le foto le fa il fotografo, non la macchina e quindi si possono fare belle foto con qualunque fotocamera ed anche con gli smartphone se ci si sa fare.
            Detto questo però bisogna aggiungere che una fotocamera di qualità e di caratteristiche evolute aiuta ad affrontare certe situazioni ed in alcuni casi è indispensabile per ottenere buone foto, se usata con cognizione di causa. Inoltre una foto tecnicamente corretta e ben nitida a parità di contenuto è preferibile ad una scorretta o poco nitida.
            Se vuoi rimanere nella categoria delle compatte e migliorare la qualità della tua fotocamera la scelta attualmente è ampia. Si deve considerare però che le compatte con sensore piccolo, da 1/2,3″ e anche da 1/1,7″, prodotte e proposte in gran numero fino ad alcuni anni fa sono oggi in via di estinzione. Questo perchè, escludendo lo zoom, non offrono nulla di più di un buon smartphone come qualità d’immagine.
            La categoria che oggi è in forte espansione è quella delle compatte “premium” con sensore da 1″ (13,2×8,8 mm) e universalmente 20 Mpx. I maggiori produttori presentano di continuo nuovi modelli in questa categoria che consente un buon compromesso fra dimensioni, costi e qualità d’immagine.
            I modelli si differenziano sostanzialmente in due categorie: quelle piccole e tascabili con zoom di limitata escursione (3-4x) di solito molto luminoso e quelle più grandi, che potremmo definire “bridge premium” con zoom di più ampia escursione (10-20x), ma senza le esagerazioni dei 50-60x, e di buona luminosità e qualità. In entrambe le categorie ci sono fotocamere con mirino ed altre senza. Poichè è sempre perferibile avere un mirino ti indicherò alcune di queste.
            Per le piccole e tascabili Sony RX100 IV, Canon G5X e Panasonic TZ100 che inoltre ha uno zoom 10x, anche se poco luminoso alla massima focale.
            Pre quelle più grandi tipo bridge Nikon DL-25-500, Panasonic FZ1000 e Sony RX10 II.
            Ciao, Francesco

          2. Grazie per i suggerimenti, un ultima domanda terra terra che mi tormenta. Ma tra una macchina con sensore grande (m4/3 apsc) abbinata a lenti buie diciamo a partire da f 3,5 e una macchina con sensore più piccolo (1″-1,7″) abbinata a lenti più luminose come quelle da te suggerite con f 2,8 secondo te quale ha qi migliore? Io mi sono risposto che alla fine si equivalgono perchè la qi del sensore grande è un po limitata dalla lente buia così come la lente luminosa è penalizzata un po dal sensore piccolo. E’ giusto il mio ragionamento?

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