Fino a una quindicina di anni fa, ai tempi della pellicola, le foto si stampavano. C’era, è vero l’eccezione delle diapositive, ma era un settore di nicchia, per fotografi super appassionati ed esperti. Gli altri, la grande maggioranza, portavano il rullino appena scattato presso il negozio o il laboratorio di stampa ed attendevano ansiosamente il risultato.
Con la fotografia digitale è cambiato tutto: le foto ora si vedono subito, mentre prima era impossibile, tranne nel caso di quelle a sviluppo istantaneo, altro settore di nicchia. I fotografi possono già valutarle in macchina, poi scaricarle sul computer e sul cloud e la stampa diventa superflua, dimenticata.
La stampa delle foto invece è importante e fondamentale per conservare la memoria.
Sicuramente molti avranno delle stampe di foto di famiglia, risalenti a pochi o molti anni fa e queste costituiscono un ricordo di parenti, amici e momenti di gioia. Ma cosa ne sarà fra qualche anno delle nostre foto digitali conservate su dischi magnetici? Probabilmente nulla.
Innanzitutto la maggior parte di chi fotografa oggi, moltissimi ormai con lo smartphone, non si preoccupa minimamente di fare un bckup delle proprie foto, anzi non si pone nemmeno il problema e non sa cosa voglia dire. Scattano foto usa e getta da condividere subito e poi il giorno dopo da dimenticare.
Ma anche per coloro che salvaguardano le proprie foto con appropriati backup la situazione non è molto migliore: che ne sarà quindi di queste foto tra dieci o venti anni. Si continuerà a farne la copia su dischi o supporti sempre diversi? Ci saranno in futuro software capaci di leggerle?
Personalmente ho foto di famiglia in bianconero risalenti alla fine del 1800. Se fossero state digitali mi sarebbero mai arrivate? Credo di no.
Oltre a questo c’è da considerare il problema della visualizzazione delle foto. E’ vero che con uno smartphone si possono facilmente vedere le foto salvate sul cloud, ma non è un sistema sempre comodo e piacevole. Inoltre le foto si vedono piccole e perdono molto del fascino che una bella stampa può dare. Inoltre uno smartphone non si può appendere alla parete per adornare una casa e nemmeno usarlo come soprammobile in una cornice. Ci sono le cornici digitali, ma non aiutano a superare il problema.
Insomma le stampe sono ancora il mezzo migliore per far vedere ed apprezzare le nostre foto e conservarne la memoria.
A questo punto si pone il problema di come stamparle e quale sia il mezzo migliore per conservarle nel tempo.
Per quanto riguarda la durata non ci sono dubbi: le foto bianconero stampate col metodo classico, carta sensibile ai sali d’argento, hanno ormai dimostrato una durata che supera il secolo e la vita di un uomo medio. Come dicevo ho personalmente delle stampe risalenti alla fine del 1800 e ai primi anni del 1900 perfettamente conservate e sono un documento prezioso per me per ricordare la mia famiglia.
La stampa chimica a colori, introdotta negli anni 50 dello scorso secolo, invece si dimostra molto meno duratura: le foto, se esposte alla luce, si sbiadiscono in pochi anni e dopo 30-40, anche se conservate bene in album e al buio, sono completamente alterate come colori. Se si hanno ancora i negativi tanto varrebbe ristamparle in bianconero.
Nel tempo il metodo di stampa chimico è migliorato e le stampe recenti, anche da foto digitale, si dimostrano più durature, ma ancora nessuno può dire quanto dureranno veramente nel tempo.
Attualmente il metodo di stampa più diffuso, sia fra i fotoamatori, ma anche fra i professionisti, è la stampa a getto d’inchiostro. Questa nei primi tempi non garantiva una durata accettabile, con foto che dopo poco tempo si alteravano se esposte alla luce o ad alte temperature come quelle stive. Poi la situazione è migliorata, gli inchiostri sono stati perfezionati ed ora i produttori garantiscono la durata per decine di anni o più, ma nessuno sa ancora se le loro promesse saranno mantenute.
Comunque se si decide di stampare le proprie foto è importante valutare quale sia il metodo migliore per farlo a livello di facilità, flessibilità, qualità e costi.
Come stampare le foto
Prima di tutto sono importanti due considerazioni preliminari: la taratura del monitor e dell’eventuale stampante e la selezione delle foto.
La taratura del monitor e dell’eventuale stampante usata è fondamentale per ottenere una resa dei colori corretta ed uniforme fra quanto visto sul video e quanto riportato in stampa.
Per fare questo è necessario definire il profilo colore dei dispositivi utilizzati che viene memorizzato in una apposita tabella, detta LUT, e che consente ai software usati per visualizzare le immagini sul monitor o per stamparle di riprodurre correttamente ed in modo uniforme i colori.
Allo scopo si usano appositi strumenti di calibrazione e tabelle colore di riferimento. I principali fornitori sono Datacolor con la famiglia Spyder5 e SpyderPrint
e X-Rite con la famiglia Color Munki e Color Cheker.
Sono strumenti di facile uso, adatti anche ai fotoamatori ed all’uso casalingo. Il loro costo varia da circa 100 a circa 250 e, a secondo dei modelli e delle caratteristiche. Raccomando di usarli prima di effettuare delle stampe per uno avere la delusione di riscontrare su queste colori diversi da quelli che si vedevano sul monitor.
A questo proposito per visualizzare dei colori realistici è opportuno usare un monitor di qualità, con tecnologia IPS, che consente di visualizzare i colori senza alterazioni anche se non lo si guarda da una posizione perfettamente centrata. Il monitor dovrebbe essere di grandi dimensioni, minimo 22″, ma meglio 24 se Full HD (1920×1080 pixel) o 27″ se 4K (3840×2160 pixel). Gli schermi dei notebook di solito non hanno queste caratteristiche per cui per l’uso fotografico è preferibile collegarvi un monitor esterno, cosa possibile con tutti i notebook e con tutti i sistemi operativi. Si devon anche evitare i monitor con schermo lucido che causa riflessi fastidiosi in presenza di sorgenti di luce, naturale o artificiale, e altera la vision facendo sembrare le foto più brillanti di quello che sono (per questo Apple usa monitor lucidi per esaltare le foto fatte con l’iPhone, ma tutti i professionisti usano monitor opachi anche se collegati a computer Apple).
Riguardo alla selezione delle foto si deve considerare che con la pellicola si scattavano, e di conseguenza stampavano, poche foto. Un rullino ne poteva contenere 24 o 36 e quindi non si sprecavano in scatti inutili o di scarsa qualità. Col digitale invece si può scattare a volontà senza nessun costo, quindi mentre prima in una qualsiasi situazione si facevano 10 o 20 foto adesso se ne fanno 100-200 o anche 1000. Diventa quindi importante e fondamentale la selezione. Su questo bisogna essere drastici, selezionando le foto con rigore e poi nuovamente selezionando quelle scelte, fino ad arrivare ad un numero ridotto di foto veramente significative. Il rapporto 1 a 10 è una base, ma è veramente il minimo. Sarebbe meglio andare oltre e selezionare molto di più. Qualcuno afferm che solo una foto su 1000 è veramente buona.
Fatta la selezione si può decidere in quale formato stampare le foto
Per questo si deve considerare il numero di pixel di una foto in rapporto alle dimensioni di stampa. Per ottenere stampe di elevata qualità, nelle quali non si vedano i puntini di stampa, prodotti dalle stampanti inkjet, si deve stampare ad una qualità pari a 300 dpi (dot per inch, cioè punti per pollice). In questo modo alla normale distanza di visione i punti di stampa sono sotto la capacità di risoluzione dell’occhio umano e non visibili. Anche per le stampe su carta fotografica vale lo stesso discorso in quanto si parte sempre da una foto digitale, proiettata per singoli punti (pixel) sul supporto di stampa. per stampe di grandi dimensioni si potrebbe scendere a circa 250 dpi, ma non di meno, pena uno scadimento della qualità.
Questo comporta che le massime dimensioni delle stampe ottenibili dipendono dal numero di pixel della fotocamera.. per fare degli esempi riferiti al formato 3:2, tipico delle reflex e di alcune mirrorless, con 12 Mpx (4256×2832 pixel) si potrebbe arrivare a 36×24 cm, con 20 Mpx a 45×30 cm, con 24 Mpx a 50×33 cm, con 36 Mpx a 62×41 cm e con 50 Mpx (4:3) a 70×52 cm. Se si vogliono stampe più grandi di quelle consentite dal numero di pixel nativo del sensore è necessario interpolare le foto con un apposito software (ce ne sono anche gratuiti quali gli ottimi FastStone Image Viewer e XnviewMp) per aumentare il numero di pixel in funzione delle dimensioni della stampa desiderata. Questo ovviamente non migliorerà il dettaglio dell’immagine, ma consentirà una buona qualità di stampa.
Nella prossima puntata illustrerò le diverse possibilità di stampa, con i relativi vantaggi e svantaggi.
È pensare che alcuni anni fa lo spettrofotometro era di uso esclusivamente professionale…Complimenti articolo interessante.
E’ un articolo solo preparatorio. Nel prossimo parlerò di come stampare.
Ciao, Francesco
Ti seguirò…
Il periodo delle diapositive e’ stato molto “modale”, le chiamavano “diapo” e, in molti, organizzavano serate per far vedere i loro “capolavori”: a volte di una noia inimmaginabile! Sempre interessanti i tuoi post, grazie! 65Luna
65luna,
purtroppo anche oggi col digitale si possono fare noiosissime proiezioni di foto, dette “slideshow” che fa più fico, su tv da 65 pollici per migliaia di foto insulse e mal inquadrate senza nessuna selezione. Sono reduce proprio adesso da una di queste e se lo dico all’autore si offende. Per fortuna che la cena era buona e io seguivo molto poco le foto per dedicarmi di più a braciole e bottiglie di rosso.
Ciao, Francesco
Bravo Francesco, quindi ancora esistono serate noiose!!! e io pensavo fossero ricordi degli “anni 80”! Spero che il rosso era un buon rosso, io adoro il nero d’avola, ma, pur essendo sommelier, non ne sono grande estimatrice. Scusa la chiacchierata e buona giornata, 65Luna