Fotografare il paesaggio: II parte

Nel primo articolo dedicato alla foto di paesaggio ho dato delle indicazioni su come organizzarsi e comportarsi per questo tipo di foto, di cosa preoccuparsi e di quali fattori tenere conto per una buona riuscita delle foto.
In questa seconda parte invece parlerò di fotocamere, di quali sono le più adatte per le foto di paesaggio,  quali sono gli obiettivi preferibili per questo tipo di foto e di quali accessori conviene dotarsi.
Nel terzo ed ultimo articolo indicherò come regolare la fotocamera per ottenere i migliori risultati e cosa è eventualmente necessario modificare in post produzione, o meglio, nella conversione raw-jpeg. Descriverò anche alcune situazioni particolari e come affrontarle.

Fotocamere

La fotografia di paesaggio in generale può essere affrontata con molti tipi di macchine. E’ però un tipo di fotografia “meditativa” che non richiede la velocità e la necessità di scattare in fretta tipiche di altri generi fotografici come la foto sportiva o quella di strada. Richiede però, di solito, un’elevata nitidezza e ricchezza di dettagli, salvo eccezioni che descriverò in un altro articolo dopo aver concluso alcune sperimentazioni che sto conducendo. E’ necessario inoltre poter regolare la fotocamera, per l’esposizione e sopratutto per la messa a fuoco, profondità di campo, la temperatura di colore ed altro. Spesso poi è necessario qualche passaggio in post produzione, preferibilmente da raw.
Ci sono però altri fattori da considerare quali le dimensioni, il peso, la praticità e non da ultimo il costo.Si possono a questo punto valutare i pregi e i difetti dei vari tipi di fotocamere e poi nell’ambito di ciascuno vedere quali sono le più adatte per la foto di paesaggio.

Il paesaggio è anche un genere di fotografia adatto all’uso della pellicola, cosa che negli ultimi tempi sta tornando di moda. In questo caso le fotocamere più adatte sarebbero quelle di grande formato, addirittura quelle a banco ottico che usano pellicole piane. Ottimi risultati si potrebbero ottenere anche con le medio formato con pellicola 120, reperibili oggi usate a prezzi molto convenienti.

Concentrandoci però sul digitale possiamo vedere quali sono le fotocamere più adatte.
Essenzialmente esistono tre tipi diversi di fotocamere: compatte, cioè fotocamere con obiettivo fisso, includendo anche le cosiddette bridge, fotocamere a sistema, cioè reflex e mirrorless e smartphone.

Compatte

Queste fotocamere, diffusissime nei primi anni dell’era digitale, sono ormai considerate un po’ le cenerentole delle fotocamere. Infatti erano dotate tutte di piccoli sensori, grandi (anzi piccoli) come l’unghia del mignolo, di obiettivi zoom di scarsa qualità e di scarse possibilità di regolazione per cui i risultati, dal punto di vista della qualità d’immagine, erano piuttosto insoddisfacenti. Questo tipo di compatte è ormai quasi sparito dal mercato, soppiantato dagli smartphone.
Oggi però non è più così e le compatte non sono più solo le fotocamere economiche di chi non poteva permettersi una reflex. Ci sono delle compatte con sensori grandi, APS ed anche fullframe e con obiettivi di qualità e di costo proporzionato.
Considerando quindi le compatte di qualità, con sensori almeno Micro 4/3, ed escludendo di conseguenza tutte quelle con sensore piccolo ormai in via di estinzione, l’uso di una compatta può presentare alcuni vantaggi, primo fra tutti la leggerezza e le piccole dimensioni, molto utili se ci si deve muovere a piedi e particolarmente in montagna. Considerando poi che le compatte di qualità consentono di effettuare tutte le regolazioni gli svantaggi sono solo l’eventuale assenza del mirino (elettronico o ottico) che può comportare problemi di visione dell’inquadratura in esterni, specialmente col sole, come succede nelle foto di paesaggio, e l’impossibilità di cambiare obiettivo. Alcune hanno una focale fissa, generalmente grandangolare, qualcuna uno zoom. Se questo non va bene si deve passare ad un altro tipo di fotocamera. Un altro svantaggio, di alcuni modelli, può essere quello di non poter montare accessori come i filtri o i telecomandi e va valutato caso per caso.
Qualcuno penserà allora che una bridge può risolvere il problema, ma non è così. Queste fotocamere infatti hanno sensori di piccole dimensioni e i loro zoom ad amplissima escursione focale sono di solito di bassa qualità, salvo qualche eccezione con zoom con rapporto focale relativamente contenuto e sensori un po’ più grandi. Inoltre uno zoom con focale equivalente di 1000 mm ed oltre è inutile nelle foto di paesaggio in quanto, anche se si riesce ad isolare dettagli lontani, è quasi impossibile che l’atmosfera sia abbastanza limpida da consentire di riprenderli con un minimo di qualità.

Fotocamere a sistema

Parliamo di reflex e mirrorless. Le tratto inizialmente insieme, anche se per alcuni aspetti che saranno messi in evidenza si differenziano.
Sono fotocamere che consentono di cambiare l’obiettivo e di aggiungere facilmente accessori come i filtri, ma anche flash, impugnature supplementari, telecomandi e ricevitori GPS. sono poi tutte dotate di mirino, ottico per le reflex, elettronico per le mirrorless. Dispongono di tutte le regolazioni per l’esposizione e la messa a fuoco e universalmente consentono il salvataggio in raw.

Reflex

Le reflex, che dominano il mercato delle fotocamere da oltre 50 anni, si chiamano così per la loro tecnologia del mirino. Uno specchio ribaltabile interposto tra l’obiettivo ed il sensore (una volta la pellicola) infatti proietta l’immagine inquadrata dall’ottica verso un prisma di vetro (o un insieme di specchi) che la raddrizza e la rende visibile nel mirino. Così si vede esattamente quello che è inquadrato senza possibilità di errore; al tempo della pellicola era l’unico sistema possibile, oggi con l’uso dei sensori è possibile avere anche i mirini elettronici e gli schermi.
Il mirino reflex è il loro grande vantaggio.
Gli svantaggi sono le dimensioni e peso che, a causa della presenza dello specchio, sono maggiori di quelli delle compatte e delle mirrorless, e le vibrazioni che possono essere indotte proprio dal movimento dello specchio e che possono introdurre del micro mosso se si usano tempi di scatto lunghi. Tutte le reflex però sono ormai dotate anche del funzionamento detto live view che consiste nell’alzare lo specchio e visualizzare l’immagine direttamente sullo schermo
La chiarezza, l’assenza di disturbi ed artefatti e l’immediatezza di visone del mirino sono però dei vantaggi a cui molti non vogliono rinunciare.
Altro vantaggio è il sistema autofocus che utilizza dei sensori specializzati a cui arriva la luce da uno specchio secondario sotto quello principale e che funziona a rilevamento di fase in modo molto rapido. Questo nella foto di paesaggio non è essenziale, ma in altre occasioni potrebbe essere utile. In live view però questa velocità si perde e l’autofocus è più lento.
Ultimo vantaggio delle reflex è l’enorme disponibilità di obiettivi di tutte le focali e luminosità, dai super grandangoli ai super tele ed agli zoom e di numerosi accessori.
Infine i modelli base sono, fra le fotocamere di qualità, quelli che costano meno.
Le reflex sono quindi una scelta primaria per le foto in generale e di paesaggio in particolare.

Mirrorless

Sono l’ultimo tipo di fotocamere, introdotto una decina di anni fa, e il loro nome deriva proprio dall’assenza dello specchio. In queste fotocamere l’immagine arriva al mirino elettronico o allo schermo direttamente dal sensore. L’assenza dello specchio consente di contenere le dimensioni ed il peso della macchina.
Le prime mirrorless però avevano dei sistemi autofocus, attuati direttamente dal sensore, piuttosto lenti. Successivamente i produttori hanno introdotto nei sensori dei pixel specializzati per la messa a fuoco a rilevamento di fase e questo difetto è stato ormai completamente eliminato.
L’assenza dello specchio elimina, di conseguenza, i problemi di micro mosso dati dal suo movimento e questo è sicuramente un punto a loro favore per la foto di paesaggio che spesso si fa con tempi lunghi e la macchina su treppiedi. altro vantaggio, legato al mirino elettronico, è che questo può far vedere in anteprima l’effetto delle regolazioni di esposizione e bilanciamento del bianco e il fatto che non si oscura in condizioni di poca luce.
Gli svantaggi delle mirrorless sono il mirino elettronico che quando la luce è scarsa può essere affetto da rumore e lento ad aggiornarsi se si muove velocemente la macchina o il soggetto, e il corredo obiettivi di solito più limitato di quello delle reflex.
Sono anche queste un’ottima scelta specialmente quando si vuole una fotocamera leggera e di piccole dimensioni.

Smartphone

Questi dispositivi sono sempre più diffusi e ormai moltissimi li usano per fotografare, rinunciando ad una fotocamera. Il grande vantaggio degli smartphone è che sono sempre disponibili anche come fotocamere perchè ne abbiamo sempre uno in tasca o borsa. Inoltre per fotografare non è richiesto di comprare null’altro.
Gli svantaggi invece sono molti, almeno per la foto di paesaggio. Il primo è il sensore piccolo che quindi ha una gamma dinamica ridotta e un rapporto segnale/rumore molto scadente appena la luce è un po’ scarsa e aumenta la sensibilità usata. Altro svantaggio è l’assoluta impossibilità di regolazione di tempi e diaframmi, mentre solo alcuni consentono di variare l’esposizione. Non si può poi ovviamente cambiare obiettivo, ne avere uno zoom. Infine usare lo schermo per inquadrare in pieno sole non è agevole e spesso non si vede bene ciò che si fotografa.
Gli smartphone sono quindi ampiamente sconsigliati per le foto di paesaggio, ma nonostante ciò c’è stato qualche fotografo che è riuscito a realizzare dei lavori interessanti anche con uno smartphone.

Indipendentemente dal tipo di fotocamera utilizzata la qualità delle foto sarà determinata dal suo sensore e in particolare dalle sue dimensioni e dal numero di pixel.

Sensori

Nelle attuali fotocamere digitali la dimensione dei sensori è molto variabile, dalle dimensioni di pochi mm come quelli 1/2,3″ (6,17×4,55 mm) a quelli medio formato che arrivano a 54×40 mm. Dalle dimensioni del sensore dipendono due caratteristiche fondamentali: la gamma dinamica e il rapporto segnale/rumore. Più il sensore è grande più il valore di queste due grandezze è maggiore.
La risoluzione dipende invece dal numero di pixel, anche se a parità di questo numero un sensore più grande restituisce un maggior senso di nitidezza.

Poichè per le foto di paesaggio le caratteristiche desiderabili per una fotocamera sono la risoluzione elevata per cogliere più dettagli possibile, l’elevata gamma dinamica per rendere al meglio tutti i livelli di luminosità e di colore e l’assenza assoluta o quasi di rumore si vede che i sensori migliori per le foto di paesaggio devono essere il più grandi possibile e con il maggior numero di pixel possibile.

A questo punto è possibile individuare alcune fotocamere delle categorie elencate che rispondono al meglio ai requisiti necessari per le foto di paesaggio.

Si inizia dalle medio formato con tre modelli in particolare.
La Fujifilm GFX 50S e la Hasselblad X1D sono due  mirrorless con sensore (44×33 mm) da 51 Mpx, di dimensioni abbastanza ridotte per il formato (sono paragonabili ad una reflex fullframe) e molto adatte al paesaggio grazie al fatto di non avere lo specchio che riduce la possibilità di micro mosso anche con tempi di scatto lunghi.

La Pentax 645Z è invece una reflex, sempre con un sensore da 44×33 mm e 51 Mpx, di dimensioni molto più grandi e con maggior peso. Ha però il vantaggio di una maggiore scelta di obiettivi ed un eccellente mirino ottico.

Tutte sono adatte ad un uso in esterni ed hanno il corpo e gli obiettivi protetti da polvere ed acqua, ma hanno prezzi piuttosto elevati che si avvicinano ai 10.000 € compreso l’obiettivo standard. Sono quindi scelte per pochi.

Scendendo verso fotocamere più accessibili si possono prendere in considerazione le reflex fullframe. Fra queste la scelta è più ampia, anche se i prezzi sono ancora sostenuti. Le migliori per il paesaggio sono le Canon EOS 5DsR 51 Mpx, Nikon D810 36 Mpx, Pentax K-1 36 Mpx, Sony A99 II 42 Mpx. Hanno tutte protezione per polvere ed acqua. Costano, solo corpo, sui 3.000-3.500 €, tranne la Pentax K-1 molto conveniente a circa 2.000 €.

Su livelli inferiori, per risoluzione e prezzo, anche se ha ottime caratteristiche per mirino, autofocus e protezione c’è anche la Nikon D750 24 Mpx, sempre sui 2.000 € solo corpo.

Su questi livelli c’è anche la serie delle mirrorless fullframe di Sony, ovviamente anche queste protette da infiltrazioni: la A7R II 42 Mpx è la migliore e costa solo corpo sui 2.700 €, mentre la A7 II 24 Mpx sta sui 1.600 €. Rinunciando alla stabilizzazione introdotta con la serie II, che per le foto di paesaggio non è essenziale in quanto spesso si usa il treppiedi, la A7R 36 Mpx si trova a 1.300 € e la A7 da 24 Mpx a 900 € prezzi veramente conveniente per il tipo di fotocamera.

Rinunciando al sensore fullframe e quindi ad un po’ di gamma dinamica e di nitidezza nel dettaglio si possono trovare altre fotocamere valide fra le APS. Il problema del rapporto segnale/rumore invece in questo caso non preoccupa perché per il paesaggio si usano basse sensibilità, e se c’è poca luce il treppiedi.
Canon EOS 800D, 77D e 80D 24 Mpx, Nikon D5600 24 Mpx e D7500 21 Mpx, Pentax KP 24 Mpx sono una buona scelta fra le reflex con prezzi oscillanti fra 800 e 1.500 € solo corpo e supplementi da 100 a 300 € per lo zoom in kit. C’è poi la Nikon D3400 con 24 Mpx che ha un autofocus base con solo 11 punti AF (cosa poco importante per il paesaggio) ed un corpo abbastanza economico, ma lo stesso sensore ed elaboratore d’immagine della D5600 a un prezzo di circa 500 € solo corpo e 50 € di più con lo zoom 18-55 VR.

Fra le mirrorless sono da segnalare le Canon EOS M5, Fujifilm X-T2 e X-T20, Sony A6000, A6300 e A6500, tutte con 24 Mpx e prezzi da 800 a 1.500 € solo corpo più l’eventuale supplemento per lo zoom in kit, tranne la Sony A6000 che costa circa 500 € solo corpo.

Anche qualche mirrorless Micro 4/3 equipaggiata con l’ultimo sensore di Olympus e Panasonic da 20 Mpx potrebbe essere adatta considerando anche l’elevata qualità degli obiettivi per questo formato. Olympus PEN-F e OM-D E-M1 II, Panasonic GX8 e GH5 sono le candidate con prezzi da 800 a 2.000 € solo corpo più supplementi da 100 a 400 e per lo zoom in kit, se lo si vuole. In particolare è molto interessante per chi vuole una fotocamera molto leggera e compatta l’Olympus PEN-F che è venduta in kit con un ottimo 17 mm f/1,8 (eq.34 mm) a cui si può aggiungere l’economico 45 mm f/1,8 (eq. 90 mm), 250 €, per ottenere un corredo di alta flessibilità e luminosità e di minimo ingombro e peso.

Infine fra le compatte le più indicate sono tre: Fujifilm X100F APS da 24 Mpx con un obiettivo 23 mm f/2,0 (eq.35 mm) a circa 1.300 € e le due fullframe Leica Q 24 Mpx con un 28 mm f/1,7 e Sony RX1R II 42 Mpx con un 35 mm f/2,0 entrambe sui 3.500-4.000 €.

Un discorso a parte poi meritano le fotocamere Sigma. Queste usano un sensore esclusivo denominato Foveon X3 e costituito da tre strati sovrapposti di pixel sensibili rispettivamente al blu, verde e rosso invece del sensore Bayer, usato universalmente, che prevede un solo strato di pixel con anteposti alternativamente filtri verdi per il 50 % e blu e rossi per il 25 % ciascuno. Il sensore Foveon è in grado quindi di raccogliere l’informazione colore completa per ciascun pixel e non richiede l’interpolazione per ottenerla. Questo comporta colori più accurati e una risoluzione maggiore in proporzione al numero di pixel, qualità molto indicate per il paesaggio. Il difetto di questo sensore è lo scarso rapporto segnale/rumore alle sensibilità più alte e l’alterazione dei colori con tonalità verdi aumentando la sensibilità. Sono difetti di scarso peso per le foto di paesaggio, per le quali come ho già detto si usano basse sensibilità.
Sono disponibili due tipi di fotocamere Sigma, la serie di compatte dp Quattro e quella di mirrorless sd Quattro.
Le dp Quattro sono compatte di forma originale e dimensioni non particolarmente ridotte, dotate di un sensore Foveon X3 di formato APS-C (23,5×15,7 mm) con circa 20 Mpx di risoluzione, ma 29 Mpx totali su tre strati, e di obiettivi a focale fissa. Sono disponibili quattre modelli: dp0 Quattro con un 14 mm f/4,0 (eq. 21 mm), dp1 Quattro con un 19 mm f/2,8 (eq.28 mm), dp2 Quattro con un 30 mm f/2,8 (eq 45 mm) le più adatte per il paesaggio e dp3 Quattro con un 50 mm f/2,8 (eq. 75 mm). Costano sugli 800 €.

Le sd Quattro sono invece delle mirrorless con mirino elettronico. Ne esistono due versioni: sd Quattro con un sensore Foveon X3 APS-C (23,5×15,7 mm) con 20 Mpx di risoluzione (29 complessivi) e sd Quattro H con un sensore APS-H (26,6×17,9 mm) con 26 Mpx di risoluzione e 39 complessivi. L’innesto obiettivi è il Sigma SA per cui possono montare tutti gli obiettivi del vasto corredo Sigma per reflex APS e fullframe. La sd Quattro costa circa 900 € solo corpo e 1.200 € con il Sigma 30 mm f/1,4 (eq. 45 mm), la sd Quattro H 1.600 € solo corpo.

Questo è un elenco di fotocamere che sono particolarmente adatte al paesaggio poi, come detto nel precedente articolo, si potrà usare qualsiasi fotocamera e i risultati dipenderanno come sempre dalla capacità del fotografo.

Obiettivi

Per il paesaggio si possono usare i più svariati obiettivi, in funzione del proprio stile e del risultato che si vuole ottenere se si hanno le idee chiare.
Normalmente però per questo genere di riprese si preferiscono gli obiettivi grandangolari o normali.
I grandangolari consentono infatti una visione ampia di quello che si ha davanti consentendo di abbracciare un largo panorama, caratteristica comune di un paesaggio. I più adatti vanno dalla focale 28 mm a 35 mm. Grandangolari più spinti, 24, 20 mm e anche meno possono essere usati, ma richiedono più attenzione perchè per la loro lungnezza focale ridotta rimpiccoliscono sempre più i soggetti man mano che questa diminuisce rendendo spesso la foto vuota. Per ovviare a questo problema è necessario individuare un soggetto vicino che riempia in qualche modo parte della foto. Si deve però stare molto attenti alle deformazioni e fughe prospettiche che questi obiettivi comportano; queste possono dare un senso di presenza ed in alcuni casi di drammaticità alle foto, ma vanno attentamente controllati. Insomma usare i super grandangolari rende la composizione molto più critica e se non si sta attenti i risultati non saranno buoni.
Gli obiettivi normali, con una lunghezza focale paragonabile a quella della diagonale del sensore, cioè 43 mm per il fullframe (che si arrotonda a 50 mm) sono quelli che rendono una prospettiva simile a quella dell’occhio umano e quindi producono foto di aspetto gradevole e tranquillo. Sono poi obiettivi di elevata qualità e luminosità e i loro prezzi sono molto contenuti, a partire dai 100 €, per la semplicità dei loro schemi ottici.
In alcuni casi si possono usare anche i teleobiettivi. Oltre all’ovvia funzione di poter isolare dei soggetti lontani che non si possono raggiungere, con un tele è possibile comprimere la prospettiva avvicinando elementi distanti fra loro ed isolare parti di un soggetto escludendo in alcuni casi anche il cielo. Si possono ottenere ottimi risultati, ma anche in questo caso la composizione è abbastanza critica e si deve stare bene attenti a quello che si include nelle foto, o meglio a tutto ciò che si deve escludere.

Come detto nel primo articolo sarebbe preferibile non usare gli zoom. Alcuni di questi obiettivi, quelli di ampia escursione focale tipo 18-200, 28-300 ecc. perché per questo motivo non offrono un’elevata qualità, vanificando le qualità del sensore. Altri zoom ad escursione focale più ridotta, in genere di tipo professionale, offrono una qualità che è quasi allo stesso livello degli obiettivi a focale fissa. In ogni caso è bene non usarli per due motivi. Innanzitutto impigriscono il fotografo che spesso preferisce zoomare per modificare l’inquadratura piuttosto che muoversi per cercare la composizione e l’inquadratura migliore. Poi perchè usando sempre lo stesso obiettivo a focale fissa ci si abitua a valutare automaticamente quale sarà l’angolo di visuale abbracciato e così a previsualizzare meglio la composizione e l’inquadratura.

Non posso qui elencare tutti gli obiettivi disponibili per le reflex e le mirrorless elencate, ma sicuramente in ogni corredo si trovano grandangoli, normali e tele che soddisfano i requisiti di qualità richiesti, anche a prezzi non eccessivi. In ogni caso se ci si trova di fronte alla scelta fra due obiettivi di pari focale, uno più luminoso e costoso ed un’altro meno luminoso e più economico non ci sono dubbi che quest’ultimo è preferibile. Infatti per il paesaggio non serve un’elevata luminosità e inoltre gli obiettivi meno luminosi di solito hanno una qualità migliore.

Accessori

I principali accessori utili per le foto di paesaggio sono i filtri, i treppiedi e i telecomandi.

Filtri

Nella fotografia su pellicola, specialmente quella in bianconero, i filtri erano un accessorio essenziale per le foto di paesaggio. Con i filtri colorati, gialli, arancio, rossi, infatti si poteva dare evidenza al cielo ed alle nuvole, con quelli verdi alla vegetazione. Con la pellicola a colori invece si usavano i filtri colorati, ambra o azzurri, per variare la tonalità della foto adattandola alla luce disponibile, quello che si fa nel digitale col bilanciamento del bianco.
Con la foto digitale tutto questo è superato: l’effetto di questi filtri si ottiene digitalmente in macchina o sul computer.
Gli unici filtri che hanno utilità sono il polarizzatore, quelli neutri e quelli digradanti.
Il filtro polarizzatore, di tipo circolare, serve per eliminare i riflessi dalle superfici d’acqua o da quelle riflettenti, tipo vetri e specchi, escluso quelle metalliche. E’ utile anche per scurire il cielo rendendolo azzurro piuttosto che chiaro e lattiginoso. Questi filtri sono realizzati con una montatura rotante che serve per ottimizzarne l’effetto, da controllare sempre nel mirino.
I filtri neutri o ND sono filtri grigi che hanno il compito di assorbire parte della luce per un valore variabile, a secondo del filtro usato da 1 a 4 o 5 stop. Si usano in due casi. Il primo è quando si vuole scattare con un diaframma molto aperto per ridurre la profondità di campo in una situazione di forte luce come una giornata di sole e non si ha la possibilità di abbreviare il tempo di esposizione avendo raggiunto il valore più breve (alcune mirrorless e reflex dispongono di un otturatore elettronico con tempi che arrivano fino a 1/32000 consentendo così di evitare l’uso di questi filtri). L’altro caso è opposto: si vuole scattare con un tempo di scatto lungo per rendere fluido ed evidenziare lo scorrere dell’acqua, in una fontana, in un fiume o le onde del mare. Se anche con il diaframma chiuso al massimo non si riesce a scattare con un tempo sufficientemente lungo è necessario usare un filtro neutro.
Infine i filtri digradanti. Questi sono simili a quelli neutri, ma hanno una metà scura come un filtro ND e una trasparente, con una transizione dall’una all’altra più o meno accentuata. Servono per scurire il cielo in una foto evitando di bruciare le luci e nel contempo dare la giusta esposizione al terreno ed alle parti più sure. Per ottenere l’effetto migliore è necessario fare coincidere la transizione da filtro a trasparente con l’orizzonte e quindi usare dei filtri a lastra scorrevole su un’apposita montatura, reperibile con diversi diametri per adattarsi a diversi obiettivi.

E’ bene invece evitare i filtri UV, usati da molti anche per proteggere gli obiettivi, in quanto questi già filtrano i raggi ultravioletti e quindi l’aggiunta di una superficie di vetro in più rischia, creando dei riflessi con le lenti ed anche con il sensore, di degradare la qualità d’immagine.

Treppiedi

Il treppiedi è un accessorio che può essere molto utile per le foto di paesaggio.
Se la luce è abbondante e si può scattare con tempi di otturazione rapidi in rapporto alla focale dell’obiettivo usato (la regola dice almeno il reciproco della focale equivalente, per un 50 mm ad esempio almeno, arrotondando, 1/60, ma per sicurezza è bene usare il doppio cioè in questo caso 1/125) e se anche si dispone di un sistema di stabilizzazione, si può scattare senza problemi a mano libera. Basta però che la luce sia meno favorevole o si voglia chiudere il diaframma per aumentare la profondità di campo che il tempo di scatto può aumentare fino a diventare incompatibile con l’uso a mano libera, visto che nel paesaggio si cerca la massima nitidezza ed una foto di paesaggio mossa è inaccettabile. In questi casi, come nel caso illustrato in relazione all’uso dei filtri ND per scattare con tempi lunghi, è indispensabile l’uso di un treppiedi.
Ne esistono moltissimi modelli con caratteristiche e prezzi diversi, ma ci si deve convincere che perché un treppiedi sia stabile e possa sostenere in modo stabile una fotocamera, magari pesante, deve essere robusto e pesante. Questo è un po’ in contrasto con la portabilità del corredo, ma se si vuole scattare in certe condizioni è indispensabile fare qualche sacrificio.
I migliori treppiedi sono costruiti con profilati di alluminio a sezioni scorrevoli, oppure in fibra di carbonio. Questi sono più leggeri a parità di robustezza, ma molto più costosi.
Un treppiedi può essere già dotato di una testa con vari movimenti su cui montare la fotocamera, oppure può esserne privo e questa va scelta a parte. Queste possono essere del tipo a tre assi oppure a sfera. L’importante è che il treppiedi o la testa dispongano di livelle per posizionare correttamente la macchina ed evitare ad esempio di scattare con l’orizzonte inclinato.
La testa, sia fissa o separata, sarebbe bene che avesse tre movimenti di rotazione sui tre assi su cui può essere orientata la fotocamera dotati di bloccaggi sicuri.
Se non ci si vuole sobbarcare il trasporto di un treppiedi tradizionale si possono usare anche dei mini treppiedi, da appoggiare su una superficie solida rialzata e magari quelli dotati di zampe flessibili da arrotolare attorno ad un qualsiasi supporto, ringhiera, palo, staccionata, ma il risultato non sarà lo stesso.
In caso di emergenza infine è possibile appoggiare la macchina su un qualsiasi supporto, muretto, tavolo, interponendo magari un oggetto morbido ammortizzante (una volta si usava un sacchetto di sabbia o fagioli) che può essere anche un maglione o una giacca arrotolati.

Telecomandi

Questi servono per azionare lo scatto, quando la macchina e su treppiedi o comunque appoggiata, senza toccarla e senza quindi muoverla e trasmetterle vibrazioni. Molte fotocamere dispongono di una presa per telecomando e di un comando a filo specifico, alcune anche di uno ad infrarossi, ma oggi la maggior parte delle fotocamere dispone di connessione wi-fi e di apposite app per smartphone o tablet in grado di controllarle e comandarle remotamente. Questa è di solito la soluzione migliore.
Se non si dispone di telecomando o di connessione wi-fi si può ugualmente scattare evitando di toccare la macchina usando l’autoscatto. L’unico inconveniente in questo caso è che non si può decidere il momento esatto in cui scattare.

0 commenti su “Fotografare il paesaggio: II parte”

  1. Grazie mille per i sempre utilissimi articoli che scrivi. Io ricordo i miei tempi quando andavo in giro con la Nikon F90X e i circa 8 Kg di ottiche perchè poteva capitare di dover fare tipi di fotografie diverse. Ormai quei tempi sono passati e le foto le faccio più che altro per me o per qualche amico che me le chiede da usare come sfondi paesaggistici. Ho un consiglio da chiederti proprio per questo: benchè mi sia “piegato” alle bridge un po’ per comodità e un po’ per pigrizia di dover cambiare le ottiche, la qualità è sempre qualla che cerco di più. Attualmente me ne vado in giro con una Panasonic FZ-100 (Sai che qualità di immagine 😉 ), ma l’ultima della casa Sony, la DSC RX-10 III, un po’ mi attira, dato che ha un sensore da 1 pollice anzichè i soliti microscopicissimi 1/2.3″, tanto chi se ne frega anche se non ha uno zoom degno di un telescopio astronomico, non ti pare? Dici che potrebbe essere qualcosa di buono, o almeno accettabile, come qualità di immagine, oppure ce ne sarebbero di meglio, sempre in quella fascia? Qualcuno mi aveva anche proposto una Hasselblad H5D, ma chi li ha i soldi per acquistarla? 😉

    1. Le bridge con sensore da 1″, come la serie RX10 di Sony o le Panasonic FZ1000 e FZ2000, hanno una qualità d’immagine migliore delle bridge con sensore piccolo anche grazie ai loro obiettivi zoom più moderati, luminosi e di migliore qualità. Fra tutte quella che ha le migliori caratteristiche è la RX10 II con uno zoom equivalente ad un 24-200 mm con luminosità costante f/2,8. Questa luminosità l’avvantaggia molto anche in condizioni di scarsa luce e la porta, per qualità d’immagine, quasi allo stesso livello delle Micro 4/3. La RX10 III ha un 24-600 mm, ma è f/2,4-4,0, quindi meno luminoso appena si supera la focale equivalente di circa 70 mm. Secondo me uno zoom che arriva a 200 mm è adeguato e sufficiente per quasi tutte le riprese, a meno che non ci si dedichi a quelle sportive o naturalistiche (caccia fotografica) per le quali comunque una bridge non è la scelta più indicata per i limiti dell’autofocus.
      Per l’Hasselblad puoi vedere la nuova mirrorless X1D, oppure puoi considerare la Fujifilm GXF 50S, basta vendere l’auto!
      Ciao, Francesco

  2. Scusa una piccola curiosità sempre in tema di paesaggi: io, a suo tempo, con la pellicola facevo anche foto di paesaggi notturni con esposizioni di 5 o 6 ore, dalle quali poi ne venivano fotografie con sullo sfondo tutto il tracciato dei pianeti, stelle e simili. Tra le digitali ci sono fotocamere che avrebbero la possibilità di supportare esposizioni di questo genere?

    1. Per quello che ho visto con alcune digitali, poche, si può arrivare fino ad 1 ora. Penso che per andare oltre ci sarebbero problemi di batteria e anche di riscaldamento del sensore.
      Ciao, Francesco

      1. Grazie per la risposta. Quindi ne deduco che, se dovessi ancora decidere di fare foto con quelle esposizioni, dovrei per forza di cose tornare alla buona e vecchia pellicola…

  3. Ciao Francesco
    complimenti per l’articolo ed in generale per il tuo blog che seguo da oltre due anni.
    Vorrei sapere perché gli obiettivi meno luminosi di solito hanno una qualità migliore.
    Grazie.

    1. Antonio,
      di solito gli obiettivi luminosi hanno una qualità migliore di quelli più luminosi perchè hanno uno schema più semplice, composto da meno lenti e di più facile progettazione. Inoltre le aberrazioni che degradano la qualità sono maggiormente presenti verso i bordi delle lenti e più è grande il loro diametro, come deve avvenire per aumentare la luminosità, più le aberrazioni aumentano.
      questa regola non è ovviamente assoluta e ci sono delle eccezioni, ma in generale è così.
      C’è poi un’altra considerazione da fare: un obiettivo luminoso costa di più di uno meno e quindi lo si dovrebbe acquistare solo se si pensa di impiegarlo prevelentemente alla sua massima apertura. Se questo non si verifica, ma lo si usa a diaframmi più chiusi, come si fa di solito nella foto di paesaggio, si è solo speso di più per qualcosa che non si usa.
      Ciao, Francesco

  4. francesco, ma il diametro delle lenti è legato anche alla dimensione del sensore o solo alla luminosità? se come dici più grande è il diametro più aumentano le aberrazioni e io bordi peggiorano, le lenti per m4/3 o quelle ancora più piccole delle compatte da 1″ o da 1,2/3″ dovrebbero essere migliori?

    1. Michele,
      ovviamente il diametro delle lenti dipende anche dalle dimensioni del sensore. Infatti gli obiettivi per fotocamere con sensore piccolo hanno generalmente una risoluzione migliore di quelli per sensori più grandi, a parità di livello qualitativo, di progettazione e di costruzione. Ci sono però alcuni ulteriori fattori da considerare:
      1) su un sensore piccolo a parità di numero di pixel questi sono più piccoli ed è necessaria una maggiore risoluzione per ottenere lo stesso risultato ottenibile con un sensore grande. Non sempre l’aumento di risoluzione degli obiettivi per le fotocamere con piccolo sensore riesce ad adeguarsi a quello che sarebbe necessario per ottenere la stessa nitidezza di un senore più grande. Questo si ricollega al prossimo punto.
      2) le fotocamere con sensore piccolo sono sempre fotocamere economiche, di conseguenza anche i loro obiettivi lo sono e non sono progettati e costruiti con le stesse cure e con gli stessi vetri, spesso speciali e molto costosi, che si usano per quelle di maggiore qualità e prezzo con sensori più grandi. Se poi si considerano gli zoom con 20-30 o 50x, questi non possono avere la qualità di un obiettivo fisso o di uno zoom con escursione ridotta, 2-3x.
      3) la resa qualitativa di un obiettivo in termini di nitidezza, insieme di risoluzione e microcontraso misurato dalla funzione MTF, diminuisce all’aumentare delle frequenze spaziali da riprodurre. In pratica su un sensore fullframe da 20 Mpx, che produce foto da 5472×3648 pixel, sul lato più lungo da 36 mm si avranno 5472/36= 152 pixel/mm; la frequenza spaziale massima riproducibile, e quindi richiesta all’obiettivo, espressa in coppie di linee bianche e nere per mm è quindi 76. Su un sensore, sempre da 20 Mpx, da 1/2,3″ che misura 6,17×4,55 mm, il numero di pixel per mm sul lato lungo è 5472/6,17=886, la frequenza spaziale massima riproducibile è quindi 443 linee/mm; ammesso che un obiettivo ci arrivi, cosa molto difficile, la sua curva MTF, cioè la capacità di differenziare le righe bianche da quelle nere sarà molto ridotta, si vedranno righe grigio chiaro e grigio scuro, e quindi la nitidezza sarà molto inferiore. Per un’APS, 23,5×15,6 mm, si avrebbero 232 pixel/mm, 116 linee/mm con una MTF inferiore, se si usa un obiettivo adatto anche per fullframe, rispetto a quella che si avrebbe su un sensore fullframe. Questo spiega perchè gli obiettivi per fulframe rendono meglio su questo sensore piuttosto che su un APS.
      Ciao, Francesco

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